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Teoria dell'universo olografico

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Teoria dell'universo olografico Empty Teoria dell'universo olografico

Messaggio Da Angelodiluce Mar Lug 20, 2010 12:15 pm

Teoria dell'universo olografico

da Aam Terra Nuova

articolo apparso su Aam Terra Nuova

°°°

Nel 1982 un'équipe di ricerca dell'Università di Parigi, diretta dal
fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più
importante esperimento del XX secolo.

Aspect ed il suo team hanno, infatti, scoperto che alcune particelle
subatomiche, come gli elettroni, in determinate condizioni sono capaci
di comunicare istantaneamente una con l'altra indipendentemente dalla
distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi
di chilometri. È come se ogni singola particella sapesse esattamente
cosa stiano facendo tutte le altre.

Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o la teoria di
Einstein che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della
luce è da considerarsi errata, oppure le particelle subatomiche sono
connesse non-localmente.

Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di fenomeni che
oltrepassino la velocità della luce, l'ipotesi più accreditata è che
l'esperimento di Aspect sia la prova che il legame tra le particelle
subatomiche sia effettivamente di tipo non-locale.

CHE COS'È L'OLOGRAMMA

David Bohm, noto fisico dell'Università di Londra, recentemente
scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicavano che la
realtà oggettiva non esiste.

Nonostante la sua apparente solidità, l'universo è in realtà un
fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato.
Ologrammi, la parte e il tutto in una sola immagine.

Per capire come mai il Prof. Bohm abbia fatto questa sbalorditiva
affermazione, dobbiamo prima comprendere la natura degli ologrammi. Un
ologramma è una fotografia tridimensionale prodotta con l'aiuto di un
laser: per creare un ologramma l'oggetto da fotografare è prima
immerso nella luce di un raggio laser, poi un secondo raggio laser
viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa del primo e lo schema
risultante dalla zona di interferenza dove i due raggi si incontrano
viene impresso sulla pellicola fotografica.

Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico
di linee chiare e scure ma, illuminata da un altro raggio laser, ecco
apparire il soggetto originale. La tridimensionalità di tali immagini
non è l'unica caratteristica interessante degli ologrammi, difatti se
l'ologramma di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un
laser, si scoprirà che ciascuna metà contiene ancora l'intera immagine
della rosa. Anche continuando a dividere le due metà, vedremo che ogni
minuscolo frammento di pellicola conterrà sempre una versione più
piccola, ma intatta, della stessa immagine. Diversamente dalle normali
fotografie, ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni
possedute dall'ologramma integro.

Questa caratteristica degli ologrammi ci fornisce una maniera
totalmente nuova di comprendere i concetti di organizzazione e di
ordine.

LA SEPARAZIONE È UN'ILLUSIONE.

Per quasi tutto il suo corso, la scienza occidentale ha agito sotto il
preconcetto che il modo migliore di capire un fenomeno fisico, che si
trattasse di una rana o di un atomo, fosse quello di sezionarlo e di
studiarne le varie parti. Gli ologrammi ci insegnano che alcuni
fenomeni possono esulare da questo tipo di approccio. Questa
intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la
scoperta del professor Aspect.

Diversi livelli di consapevolezza, diverse realtà. Bohm si convinse
che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto
indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che
la loro separazione è un'illusione. Egli sosteneva che, ad un qualche
livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità
individuali ma estensioni di uno stesso «organismo» fondamentale. Per
spiegare la sua teoria Bohm utilizzava questo esempio: immaginate un
acquario contenente un pesce.

Immaginate anche che l'acquario non sia visibile direttamente ma che
noi lo si veda solo attraverso due telecamere, una posizionata
frontalmente e l'altra lateralmente rispetto all'acquario. Mentre
guardiamo i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci
visibili sui monitor siano due entità separate, la differente
posizione delle telecamere ci darà, infatti, due immagini lievemente
diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci
accorgeremo che vi è un certo legame tra di loro: quando uno si gira,
anche l'altro si girerà; quando uno guarda di fronte a se, l'altro
guarderà lateralmente. Se restiamo completamente all'oscuro dello
scopo reale dell'esperimento, potremmo arrivare a credere che i due
pesci stiano comunicando tra di loro, istantaneamente e
misteriosamente.

Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica
chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo
minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se
le particelle subatomiche ci appaiono separate è perche siamo capaci
di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono «parti»
separate bensì sfaccettature di un'unità più profonda e basilare che
risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra
rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste
«immagini», ne consegue che l'universo stesso è una proiezione, un
ologramma. Il magazzino cosmico di tutto ciò che è, sarà o sia mai
stato.

TUTTO COMPENETRA TUTTO

Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre
caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle
subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più
profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate. Gli elettroni di
un atomo di carbonio del cervello umano sono connessi alle particelle
subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che
batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto.
Sebbene la natura umana cerchi di categorizzare, classificare e
suddividere i vari fenomeni dell'universo, ogni suddivisione risulta
necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che
un'immensa rete ininterrotta.

In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero
più dei principi fondamentali. Poiché concetti come la località
vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal
resto, anche il tempo e lo spazio tridimensionale (come le immagini
del pesce sui monitor TV) dovrebbero venire interpretati come semplici
proiezioni di un sistema più complesso. Al suo livello più profondo la
realtà non è altro che una sorta di superologramma dove il passato, il
presente ed il futuro coesistono simultaneamente; questo implica che,
avendo gli strumenti appropriati, un giorno potremmo spingerci entro
quel livello della realtà e cogliere delle scene del nostro passato da
lungo tempo dimenticato.

Cos'altro possa contenere il superologramma resta una domanda senza
risposta. In via ipotetica, ammettendo che esso esista, dovrebbe
contenere ogni singola particella subatomica che sia, che sia stata e
che sarà, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia:
dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene grigie ai raggi gamma.
Dovremmo immaginarlo come una sorta di magazzino cosmico di Tutto ciò
che Esiste. Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello
superolografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice
stadio intermedio oltre il quale si celerebbero un'infinità di
ulteriori sviluppi. Poiché il termine ologramma si riferisce di solito
ad un'immagine statica che non coincide con la natura dinamica e
perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere
l'universo col termine «olomovimento». Affermare che ogni singola
parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in
possesso della pellicola integra significa semplicemente dire che
l'informazione è distribuita non-localmente. Se è vero che l'universo
è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch'esso
abbia delle proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente
contiene in se stessa l'immagine intera.

IL CERVELLO È UN OLOGRAMMA

Partendo da questo presupposto si deduce che tutte le manifestazioni
della vita provengono da un'unica fonte di causalità che include ogni
atomo dell'universo. Dalle particelle subatomiche alle galassie
giganti, tutto è allo stesso tempo parte infinitesimale e totalità di
«tutto». Il cervello è un ologramma capace di conservare 10 miliardi
di informazioni...

Lavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il
neurofisiologo Karl Pribram, dell'Università di Stanford, si è
convinto della natura olografica della realtà. Numerosi studi,
condotti sui ratti negli anni '20, avevano dimostrato che i ricordi
non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli
esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo
consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram
non applicò a questo campo i concetti dell'olografia.

Il Dott. Pribram crede che i ricordi non siano immagazzinatl nei
neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi
nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come
gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l' area del
frammento di pellicola che contiene l'immagine olografica. Quindi il
cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram
spiegherebbe anche in che modo questo organo riesca a contenere una
tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato.

È stato calcolato che il cervello della nostra specie ha la capacità
di immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata
media di vita (approssimativamente l'equivalente di cinque edizioni
dell'Enciclopedia Treccani!) e si è scoperto che anche gli ologrammi
possiedono una sorprendente capacità di memorizzazione, infatti
semplicemente cambiando l'angolazione con cui due raggi laser
colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi
di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio ma anche di
correlare idee e decodificare frequenze di ogni tipo. Anche la nostra
stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia
informazione dall'enorme magazzino del nostro cervello risulta
spiegabile più facilmente, se si suppone che esso funzioni secondo
principi olografici. Non è necessario scartabellare attraverso una
specie di gigantesco archivio alfabetico cerebrale perché ogni
frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente
correlato a tutti gli altri: un'altra particolarità tipica degli
ologrammi.

LA REALTÀ NON ESISTE

Si tratta forse del supremo esempio in natura di un sistema a
correlazione incrociata. Un'altra caratteristica del cervello
spiegabile in base all'ipotesi di Pribram è la sua abilità nel
tradurre la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. che esso
riceve tramite i sensi, nel mondo concreto delle nostre percezioni.
Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un
ologramma sa fare meglio. Così come un ologramma funge, per così dire,
da strumento di traduzione capace di convertire un ammasso di
frequenze prive di significato in un'immagine coerente, così il
cervello usa i principi olografici per convertire matematicamente le
frequenze ricevute in percezioni interiori.

Vi è un'impressionante quantità di dati scientifici che confermano la
teoria di Pribram, ormai, infatti, condivisa da molti altri
neurofisiologi. Il ricercatore italo-argentino Hugo Zucarelli ha
recentemente applicato il modello olografico ai fenomeni acustici,
incuriosito dal fatto che gli umani possono localizzare la fonte di un
suono senza girare la testa, abilità che conservano anche se sordi da
un orecchio. È risultato che ciascuno dei nostri sensi è sensibile ad
una varietà di frequenze molto più ampia di quanto supposto. Ad
esempio: il nostro sistema visivo è sensibile alle frequenze sonore,
il nostro senso dell'olfatto percepisce anche le cosiddette frequenze
osmiche e persino le cellule del nostro corpo sono sensibili ad una
vasta gamma di frequenze. Tali scoperte suggeriscono che è solo nel
dominio olografico della coscienza che tali frequenze possono venire
vagliate e suddivise.

La realtà? Non esiste, è solo un paradigma olografico. Ma l'aspetto
più sbalorditivo del modello cerebrale olografico di Pribram è ciò che
risulta quando lo si unisce alla teoria di Bohm. Perché se la
concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che
esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino
il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste
frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della
realtà oggettiva? Per dirla in parole povere: non esiste. Come avevano
lungamente sostenuto le religioni e le filosofie orientali, il mondo
materiale è un'illusione.

Noi stessi pensiamo di essere delle entità fisiche che si muovono in
un mondo fisico ma tutto questo fa parte del campo della pura
illusione. In realtà siamo una sorta di ricevitori che galleggiano in
un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo
trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di mondi
esistenti nel super-ologramma. Questo impressionante nuovo concetto di
realtà è stato battezzato paradigma olografico e sebbene diversi
scienziati lo abbiano accolto con scetticismo, ha entusiasmato molti
altri. Un piccolo, ma crescente, gruppo di ricercatori è convinto che
si tratti del più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla
scienza. In un universo in cui le menti individuali sono in effetti
porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente
interconnesso, i cosiddetti «stati alterati di coscienza» potrebbero
semplicemente essere il passaggio ad un livello olografico più
elevato.

LA COSCIENZA CREA ILLUSIONE

Se la mente è effettivamente parte di un continuum, di un labirinto
collegato non solo ad ogni altra mente esistente o esistita, ma anche
ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, ed al
tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in
questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze
extracorporee, non sembra più così strano. Immaginarsi malati,
immaginarsi sani. Il paradigma olografico ha delle implicazioni anche
nelle cosiddette scienze pure come la biologia. Keith Floyd, uno
psicologo del Virginia, Intermont College, ha sottolineato il fatto
che se la concretezza della realtà non è altro che un'illusione
olografica, non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza
(cogito ergo sum).

Al contrario, sarebbe la coscienza a creare l'illusoria sensazione di
un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che
noi interpretiamo come fisico. Una tale rivoluzione nel nostro modo di
studiare le strutture biologiche ha spinto i ricercatori ad affermare
che anche la medicina e tutto ciò che sappiamo del processo di
guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Infatti,
se l'apparente struttura fisica del corpo non è altro che una
proiezione olografica della coscienza, risulta chiaro che ognuno di
noi è molto più responsabile della propria salute di quanto
riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina.

Quelle che noi ora consideriamo guarigioni miracolose potrebbero in
realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza che
provochi dei cambiamenti nell'ologramma corporeo.

Allo stesso modo, potrebbe darsi che alcune controverse tecniche di
guarigione alternative come la visualizzazione risultino così efficaci
perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo
reali quanto la realtà. Il mondo concreto è una tela bianca che
attende di essere dipinta.

Persino le visioni ed altre esperienze di realtà non ordinaria possono
venire facilmente spiegate se accettiamo l'ipotesi di un universo
olografico. Nel suo libro "Gifts of Unknown Things", il biologo Lyall
Watson descrive il suo incontro con una sciamana indonesiana che.
eseguendo una danza rituale era capace di far svanire istantaneamente
un intero boschetto di alberi. Watson riferisce che mentre lui ed un
altro attonito osservatore continuavano a guardare. la donna fece
velocemente riapparire e scomparire gli alberi diverse volte. Sebbene
le conoscenze scientifiche attuali non ci permettano di spiegare tali
fenomeni, esperienze come queste diventano più plausibili qualora si
ammetta la natura olografica della realtà. Forse siamo tutti d'accordo
su cosa esista o non esista semplicemente perche ciò che consideriamo
«realtà consensuale» è stato formulato e ratificato ad un livello
della coscienza umana nel quale tutte le menti sono illimitatamente
collegate tra loro.

Se ciò risultasse vero sarebbe la più profonda ed importante di tutte
le conseguenze connesse al paradigma olografico. Implicherebbe infatti
che esperienze come quella riportata da Watson non sono comuni solo
perché non abbiamo impostato le nostre menti con le convinzioni atte a
renderle tali. In un universo olografico non vi sono limiti all'entità
dei cambiamenti che possiamo apportare alla sostanza della realtà
perché ciò che percepiamo come realtà è soltanto una tela in attesa
che noi vi si dipinga sopra qualunque immagine vogliamo. Tutto diviene
possibile, dal piegare cucchiai col potere della mente ai
fantasmagorici eventi vissuti da Carlos Castaneda durante i suoi
incontri con don Juan, lo sciamano Yaqui descritto nei suoi libri.
Tutto questo non sarà né più né meno miracoloso della capacità che
abbiamo di plasmare la realtà a nostro piacimento durante i sogni.
Tutte le nostre convinzioni fondamentali dovranno essere riviste alla
luce della teoria olografica della realtà.
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