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Cosa c’è nello spazio intermedio? La Matrix Divina

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Cosa c’è nello spazio intermedio? La Matrix Divina Empty Cosa c’è nello spazio intermedio? La Matrix Divina

Messaggio Da Angelodiluce Mar Apr 20, 2010 5:52 am

Cosa c’è nello spazio intermedio? La Matrix Divina Specchio-matrix-divina

La Matrix Divina




«Tutta la materia trae origine e vita
solo in virtù di una forza
Dobbiamo presupporre che dietro a questa forza esista
una Mente cosciente e intelligente.
Quella Mente è la matrice di tutta la materia».
Max Planck, 1944
Con queste parole Max Planck, padre della teoria quantistica, ha descritto un campo unitario di energia che unisce tutto il creato: la Matrix Divina.
La Matrix Divina è il nostro mondo.
È anche tutto ciò che esiste nel mondo.
E noi e tutto ciò che amiamo, odiamo, creiamo e sperimentiamo.
Vivendo nella Matrix Divina, siamo come artisti che esprimono le loro più intime passioni e paure, i loro sogni e desideri attraverso l’essenza di una misteriosa tela quantistica.
Ma la tela e le immagini dipinte su di essa siamo noi.
I colori e i pennelli siamo noi.
Nella Matrix Divina, noi siamo il contenitore di tutto ciò che esiste, il ponte che unisce le creazioni dei nostri mondi interiore ed esteriore e lo specchio che ci mostra nel mondo ciò che abbiamo creato.
Questo libro è stato scritto per chi desidera risvegliare in il potere delle più grandi passioni e delle aspirazioni più profonde.
Nella Matrix Divina, voi siete la semenza del miracolo e il miracolo stesso.
Domanda: cosa c’è nello spazio intermedio?
Risposta: la Matrix Divina.

«La scienza non può risolvere il mistero ultimo della natura.
Ciò si deve,
in ultima analisi, al fatto che noi stessi facciamo (…)
parte del mistero
che stiamo cercando di risolvere».
Max Planck, fisico

«Quando comprendiamo noi stessi, la nostra coscienza,
capiamo anche l’universo e la separazione scompare».
Amit Goswami, fisico
C’è un luogo dove tutte le cose hanno inizio, un regno fatto di pura energia che semplicemente “esiste”. In questa incubatrice quantistica di realtà, tutto è possibile. Il successo personale, l’abbondanza e la guarigione, ma anche il fallimento, la scarsità e la malattia… tutto, dalla più grande paura al più profondo desiderio umano, ha origine in questa “zuppa” di potenzialità.
Attraverso gli agenti di creazione della realtà – l’immaginazione, le aspettative, il giudizio, la passione e la preghiera – noi sollecitiamo la genesi di ciascuna possibilità. Con le nostre convinzioni su chi siamo, cosa abbiamo o non abbiamo e cosa dovremmo o non dovremmo essere, diamo vita alle gioie più grandi e ai momenti più oscuri della vita.
Per gestire questo luogo di energia pura è necessario sapere che esiste, comprenderne il funzionamento e infine parlare un linguaggio che sappia riconoscere. Tutte le cose si pongono alla nostra portata, quando diventiamo architetti della realtà nel luogo da cui scaturisce il mondo: lo spazio incontaminato della Matrix Divina.
Chiave n. 1: La Matrix Divina è il contenitore dell’universo, il ponte che unisce tutte le cose e lo specchio che ci mostra ciò che abbiamo creato.
L’ultima cosa che mi sarei aspettato di vedere quel pomeriggio di fine ottobre, mentre camminavo nel remoto canyon di Four Corners nel Nuovo Messico nord orientale, era un uomo di conoscenza nativo americano che procedeva verso di me sullo stesso sentiero. Invece quel giorno era proprio lì, in piedi sulla vetta del piccolo pendio che ci separava, quando i nostri passi si erano incrociati.
Non so bene da quanto tempo si trovasse lì. Nel momento in cui lo vidi, stava solo aspettando e mi osservava camminare attentamente fra le pietre dissestate del sentiero. La luminescenza del sole, basso sull’orizzonte, proiettava un’ombra scura su di lui. Mentre mi facevo schermo agli occhi con la mano, vidi che il vento faceva ondeggiare davanti al suo viso alcune ciocche di capelli, lunghi fino alle spalle.
Appariva altrettanto sorpreso di vedermi quanto lo ero io nell’incontrarlo. Il vento mi portò il suono della sua voce quando unì le mani ai lati del viso per gridare: «Salve!».
«Salve!», gli risposi. «Non mi aspettavo di vedere nessuno qui a quest’ora del giorno». Mi avvicinai ancora e gli chiesi: «Da quanto tempo mi stava osservando?».
«Da non molto», disse. «Sono venuto per ascoltare le voci dei miei antenati, in quelle caverne», aggiunse, indicando l’altro lato del canyon.
Il sentiero su cui ci trovavamo si snodava lungo una serie di siti archeologici costruiti da un popolo misterioso quasi undici secoli prima. Nessuno sa chi fossero, né da dove venissero. Senza aver lasciato tracce evolutive sulle proprie abilità, il popolo che i nativi americani di oggi chiamano semplicemente “gli antichi”, era arrivato un giorno all’improvviso, munito delle tecnologie più avanzate che si sarebbero potute trovare nell’America del Nord per altri mille anni.
Questo luogo, con i suoi edifici a quattro piani, i perfetti kiva di pietra (strutture cerimoniali di forma rotonda) costruiti sottoterra, fino ai vasti sistemi di irrigazione e alle sofisticate coltivazioni che nutrivano i suoi abitanti, un bel giorno sembra quasi essere spuntato fuori dal nulla. Poi all’improvviso, quelli che l’avevano costruito se ne andarono – semplicemente, svanirono.
L’antico popolo lasciò poche, preziose tracce per spiegarci chi fosse. Fatta eccezione per l’arte rupestre sulle pareti del canyon, non sono mai state trovate testimonianze scritte. Non ci sono siti adibiti a sepolture di massa o cremazioni, né armi da guerra. Tuttavia, la prova dell’esistenza di quel popolo è lì davanti ai nostri occhi: centinaia di antiche abitazioni situate in un canyon desolato, lungo diciassette chilometri e largo circa un chilometro e mezzo, in un angolo remoto del Nuovo Messico nord orientale.
Spesso mi sono recato a passeggio in quel luogo, allo scopo di immergermi nella strana bellezza che quella vasta desolazione sa trasmettere e di sentire il passato. Quel pomeriggio di ottobre inoltrato, il saggio indiano e io ci eravamo addentrati nel deserto lo stesso giorno, per lo stesso motivo. Mentre condividevamo le nostre opinioni sui segreti che quel luogo custodiva, il mio nuovo amico mi raccontò una storia.
Molto tempo fa…
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